Per Tullio De Mauro


Il 31 marzo 1932 nasce Tullio De Mauro. Il Movimento di cooperazione educativa e De Mauro si sono più volte incontrati e hanno condiviso passione per la ricerca e per l’educazione.
Dal prof. De Mauro abbiamo molto appreso in particolare sul piano della linguistica (grazie alla sua opera instancabile abbiamo conosciuto De Saussure, Jakobson, le ricerche più avanzate nell’ambito delle scienze del linguaggio) ma altresì sul piano dell’etica pubblica, dei valori di cittadinanza e di responsabilità civile.
Il rapporto inizia attorno al ’68 con la partecipazione di De Mauro agli stage estivi del Mce in cui ribalta la concezione vigente della grammatica e dell’apprendimento della lingua evidenziando il valore delle diversità linguistiche, della ‘lingua di casa’ rispetto alla ‘lingua della scuola’, chiamando in causa il concetto di errore e di correzione, criticando la visione monolinguistica e monofunzionale nell’insegnamento. Il gruppo nazionale lingua MCE ha raccolto molte indicazioni e contributi di De Mauro diffondendo inoltre fra gli insegnanti le Dieci tesi per l’educazione linguistica democratica attraverso la loro pubblicazione nei canali del Movimento.
Si è avviata, in particolare, una riflessione importante sulla rilevanza della lingua orale e dei suoi riflessi sulla lingua scritta, e su una lingua non più vista come un modello univoco a cui adeguarsi passivamente (così da ridurre molti a ‘prigionieri’ di uno strumento che non dominavano e al silenzio) ma come una realtà complessa ricca di varianti, di sfumature, di accezioni, di registri. A De Mauro la scuola italiana deve la proposta del plurilinguismo, delle competenze in nuce possedute dai parlanti (ricordiamo la proposta del glottokit), il concetto di comunità linguistica democratica per educare alla parola in uso e all’uso della parola.
Sono intercorsi scambi fruttuosi fra il professore e gli aderenti al Movimento di cooperazione educativa, da Mario Lodi a Gianni Rodari, da Dino Zanella a Gisella Galassi al gruppo lingua. Molti degli strumenti proposti da De Mauro hanno fatto parte della biblioteca dei maestri MCE. La collana ‘libri di base’ ha costituito una fonte preziosa per aprire lo sguardo al mondo, per sprovincializzare parte della ‘cultura scolastica’ italiana.
A partire da alcune opere ‘cult’ indispensabili abbiamo molto lavorato, prendendo spunto da testi come la Storia linguistica dell’Italia unita, Senso e significato (che, a fronte di un insegnamento grammaticale astratto e fondato su regole spesso lontane dalla viva esperienza, ci ha indicato l’importanza della semantica), Capire le parole, Lingua e dialetti (scritto con Mario Lodi), Pedagogia della creatività linguistica.
Non sappiamo se De Mauro abbia conosciuto l’opera di Freinet, certamente però l’esigenza di un’educazione popolare e democratica era nelle sue aspirazioni e ha segnato la sua ricerca.
Spesso ricordava il ruolo svolto dalla televisione italiana nella costruzione di un linguaggio comune e nella stessa alfabetizzazione grazie all’opera di insegnanti come Alberto Manzi. Così come segnalava l’opera di don Milani come una delle proposte di riforma dell’insegnamento per l’emancipazione di tutti i soggetti, anche se sviluppatasi a margine della scuola pubblica.
Per facilitare la comprensione di chi si trova in condizioni di difficoltà linguistica e di deprivazione socioculturale ha creato all’Università la rivista ‘Due parole’ in cui i suoi studenti raccoglievano e comunicavano informazioni ed eventi in forma facilmente comprensibile ma non semplificatoria. Così come con la Fondazione Mondo Digitale si era occupato della democratizzazione delle nuove tecnologie della comunicazione che, come la lingua e la produzione culturale, non possono essere patrimonio di pochi. La sollecitudine per ‘un’educazione linguistica democratica’ lo ha spinto a cercare modi di studio, ricerca, contatto, valorizzazione delle varie forme di diversità linguistica e culturale, ad esempio prestando particolare attenzione alla cultura rom.
Da ministro volle evidenziare l’importanza di una pedagogia cooperativa chiamando nella commissione per la riforma dei cicli Mario Lodi, Albino Bernardini, altri esponenti MCE accanto a figure significative come Emma Castelnuovo, Clotilde Pontecorvo, Giancarlo Cerini.
Una riforma le cui finalità gli insegnanti di ispirazione laica e democratica hanno condiviso e che si è purtroppo conclusa sul nascere con la gelata dei governi di centro destra.
Abbiamo avuto più volte presente De Mauro nei nostri incontri: alle giornate di studio MCE a Firenze a Scuola città Pestalozzi, sulla scuola come laboratorio sociale, più volte alle giornate del Giscel in occasione delle ricorrenze dell’uscita delle Dieci tesi.
Tullio De Mauro ha formato generazioni di studenti, futuri insegnanti, a una considerazione sistemica e organica dei fenomeni linguistici, anche mettendo in guardia contro usi violenti e discriminatori della parola, le cosiddette ‘parole dell’odio’.
Per tutto questo fervore di studi e ricerche viene spesso citato da illustri polemisti, che non conoscono la scuola, fra i responsabili di un deterioramento delle condizioni di apprendimento e studio, in una scuola subordinata alle direttive nefaste di una parte politica in cui si è verificata la distruzione della ‘Cultura’ in nome di una fallace idea di promozione sociale per tutti.
Noi pensiamo invece che l’attuale situazione sia dovuta alla mancata introduzione nella realtà scolastica – in particolare alla secondaria – di quei criteri di co-costruzione linguistica e comunicativa, di cura del pensiero, dell’uso di tecniche e strumenti di democrazia e di riflessione sulla lingua in uso che possono consentire di superare deprivazione e svantaggi.
Ed è questa la lezione di De Mauro che ci piace ricordare pur nel cambiamento dei tempi e nel succedersi di generazioni di docenti e di studenti diverse da quelle che negli anni 70 avevano trovato consonanza di intenti sulla base delle sue elaborazioni. Il manifesto Educare alla parola del gruppo nazionale lingua del MCE si ispira a tali proposte in dialogo con esperienze e ricerche dell’associazionismo ed è questo messaggio di apertura, di non chiusura in meccanicismi, di collaborazione fra gli adulti e fra i ragazzi che ci piace oggi consegnare al mondo della scuola.
In un’intervista rilasciata a Cooperazione Educativa n.3/2004 De Mauro diceva: «Lo strumento didattico migliore è che gli insegnanti si conquistino una migliore conoscenza tecnica, specifica, di come è fatto e funziona il linguaggio, come sono fatte e che vicende hanno avuto le lingue in presenza oggi in Italia, l’italiano anzitutto, i dialetti, le lingue meno diffuse, che imparino dove metter le mani se in classe hanno alunni capoverdini o filippini o cantonesi […]» Nel 1974 il problema dominante poteva apparire combattere la tradizione scolastica di avversione per i dialetti e una pedagogia linguistica cieca alle reali condizioni linguistiche di partenza delle bambine e dei bambini e insensibile alle varietà di uso della lingua.
Oggi i problemi sono assai più variegati e complicati: i punti di partenza degli alunni sono assai più diversificati, per l’estesa presenza di lingue di nuovo insediamento; la vita produttiva, sociale e culturale è assai più complessa, assai più pericolosa l’informazione parziale, distorta o grossolana. È ancora più forte, dunque, l’esigenza di una educazione linguistica che arricchisca le nostre capacità comuni di comprensione e intelligenza, di rapporto attivo e autentico con gli altri e con il vasto mondo, una educazione linguistica che, come diceva don Milani, ci dia ‘quella lingua che ci fa uguali.’
Grazie, Professore.
Per il gruppo nazionale lingua del Movimento di cooperazione educativa
Giancarlo Cavinato