A questo mondo niente rimane uguale
la notte più lunga eterna non è
(B. Brecht)
Perché sentiamo necessario un ulteriore documento che ribadisca la necessità e le modalità dell’insegnamento della storia?
Non siamo gli unici a rilevare una preoccupante carenza nell’insegnamento della storia e una disattenzione generale della politica scolastica su questa fondamentale componente della formazione dei cittadini.
Gli effetti di tale ‘assenza’ di una formazione storica adeguata sono evidenti: una conoscenza aneddotica, episodica e frammentaria, per isole; una fiducia sulla veridicità delle informazioni esternalizzata, delegata a quanto circola nei social; una percezione distorta dei fenomeni sociali e ambientali, un preoccupante aumento di credenze ascientifiche e di disinteresse per il passato.
A livello di scuola la storia insegnata è debole e facilmente destinata all’oblio in relazione a diverse concause:
a) la persistenza di un modello di storia generale stereotipato e tradizionale nella pratica degli insegnanti con la tendenza all’iterazione dell’insegnamento ricevuto a suo tempo rinforzati dai libri di testo prodotti dalle case editrici;
b) l’insufficiente formazione universitaria con piani di studio in cui sono fragili gli insegnamenti epistemologici e metodologici.
A livello di politica scolastica si riscontra superficialità e semplificazione: tagli indiscriminati di orari e cattedre che hanno colpito particolarmente l’insegnamento della storia e della geografia; affidamento alle ‘grandi’ innovazioni tecnologie e metodologie che richiederebbero, per ottenere gli esiti desiderati, un ruolo attivo e consapevole di tutti i soggetti per evitare di cadere in nuove forme di trasmissività e nozionismo; prospettive di taglio di un anno alle superiori…
Nessuna riflessione approfondita sull’importanza di tempi, strumenti, competenze professionali adeguate alla complessità della conoscenza storica e scientifica.
Tanto più che oggi il mondo è entrato concretamente nelle nostre scuole e la presenza di alunni di origine non italiana rappresenta un’occasione preziosa per un ripensamento della funzione della storia e del suo insegnamento. La storia è per sua natura potenzialmente interculturale e fornisce strumenti per superare egocentrismo e chiusura nel proprio orizzonte culturale di appartenenza. Per saltare muri e costruire ponti.
Alunni nati in Italia o emigrati con le famiglie da qualche tempo, che vivranno e studieranno e lavoreranno nel nostro paese devono conoscerne le radici profonde, poterle comparare con le proprie, aprire lo sguardo sulle situazioni che hanno determinato le relazioni e le situazioni nei diversi continenti, comprendere i processi di lunga durata che hanno formato il nostro paese come è oggi (1).
‘In un’ epoca segnata dalle fake news, dalla proliferazione incontrollata delle fonti e in definitiva dal muro della disinformazione, il dato ben documentato, frutto di una interrogazione meditata della realtà, ha il grande pregio di proteggerci dai pericoli della percezione. Prendiamo il terreno particolarmente inquinato dell’immigrazione, dove è massimo lo scarto tra realtà percepita e dati di realtà: gli italiani interpellati in un sondaggio realizzato nel 2017 dalla Commissione europea pensavano […] che gli immigrati regolari extra UE fossero ben il 25%, una persona su quattro, contro una media reale del 7% (Eurobarometro 2017). Quasi 1 persona su 2 riteneva che gli immigrati irregolari fossero in numero maggiore di quelli regolarmente muniti di permesso di soggiorno, e 1 italiano su 4 credeva che i due gruppi si equivalessero. […]'(2)
LE INDICAZIONI NAZIONALI
Eppure gli strumenti disciplinari e culturali sono chiari anche se non rigidamente prescrittivi.
Nelle Indicazioni nazionali per il curricolo si propone un duplice approccio:
-rinnovare la didattica per discipline selezionando i nuclei portanti del sapere, rendendo l’insegnamento vitale e suscitatore di domande;
-introdurre esperienze di didattica attiva fondata sulla ricerca, il metodo indiziario, l’analisi delle fonti e la scoperta, consentendo che gli studenti siano i corresponsabili del loro apprendimento simmetricamente alle responsabilità dell’insegnante nel costruire la rappresentazione dei processi e delle trasformazioni storiche indispensabile al cittadino del XXI secolo.
I testi delle indicazioni per i curricoli di storia recepiscono gran parte delle proposte costruttive che nel tempo le associazioni professionali e disciplinari hanno elaborato e che possono orientare sia la formazione degli insegnanti sia le buone pratiche in aula.
GLI SVILUPPI CURRICOLARI
Lo studio storico che possa istituire un rapporto di conoscenza e interdipendenza fra presente e passato (e proiezione nel futuro: allargando l’orizzonte fino a costruire una linea del tempo che proceda di oltre cento anni al di là dell’oggi, così da sviluppare capacità previsionali e senso di partecipazione agli eventi) richiede un lungo training per accedere alla comprensione piena degli eventi, alle competenze di cittadinanza, a un’identità di specie e mondiale. Superando stereotipi, etnocentrismo, eurocentrismo. Apprendendo a selezionare, a distinguere fra memoria, narrazione, storia. A capire come la storia storicizzata sia sempre frutto di scelte, di selezione, di visioni gerarchiche di eventi e processi (la mappa non è il territorio). Scoprendo lo spessore storico che sta dentro la quotidianità, l’apparentemente banale e scontato, il dato percettivo immediato e spesso distorto nel senso comune.
Dalla scuola dell’infanzia alla scuola primaria l’insegnamento della storia parte dalla costruzione del concetto di tempo e di spazio e dalla ricostruzione, attraverso varie fonti, della propria storia personale e familiare da parte di ogni bambino per passare quindi a ricostruire la storia dell’universo, dell’uomo e, per analogia e per contrasto, delle fondamentali strutture sociali e culturali alla base di ogni cultura e civiltà.
Tale percorso va dal vicino al lontano e dal lontano al vicino in un viaggio nel tempo in cui si raccordano microstoria e macrostoria, le generazioni e le grandi trasformazioni.
Trovano così espressione le grandi domande che storici, fisici, archeologi, si sono a loro volta posti: il tempo si può vedere? Come si può rappresentare? E misurare? E’ lineare e progressivo o ciclico? E prima cosa c’era?… il tempo scorre dappertutto allo stesso ritmo (3)? Passa per tutti allo stesso modo?
Ricordava Minkowski che un giorno faceva fretta a suo figlio che stava facendo colazione perché erano in ritardo per la scuola; ma il bambino gli ha risposto: ‘No, papà, non può essere tardi, perché non hai ancora fumato la tua sigaretta.’(4)
A partire dalle premesse sul radicamento nell’identità personale e familiare e del riconoscimento della specificità della cultura infantile, (ontogenesi e filogenesi, storia personale e preistoria come ‘infanzia’ del mondo (5)), e sul senso delle trasformazioni e delle permanenze, si sviluppano percorsi legati al territorio di vita degli alunni e alle tracce del passato che in esso si trovano. Ricostruendo, attraverso le memorie familiari tramandate, la storia dell’ultimo secolo, fondamentale per la progressiva educazione alla cittadinanza.
Ma anche giocando con la macchina del tempo a percorrere a ritroso eventi e processi, come nel testo di H.G. Wells. (6)
E’ un percorso che consente di acquisire le operazioni di storicizzazione, gli apparati concettuali della storia (e della geostoria), le categorie di durata, successione, contemporaneità, permanenza, mentalità, periodizzazione collocando in fasce temporali (la linea del tempo) le principali fasi su cui si ricerca attraverso gli strumenti storici ma anche delle scienze umane e sociali per consentire di cogliere concause, connessioni, interdipendenze.
Proseguendo nella scuola secondaria di primo grado con il completamento del quadro della storia d’Italia, d’Europa e del mondo, selezionando e organizzando le temporalità e le grandi fasi di sviluppo ma anche di arresto e involuzione e giungendo alla contemporaneità con le problematiche che la caratterizzano.
Curando (e questo è lo specifico di questo ordine di scuola) gli elementi di trasversalità e interdisciplinarità che la piena comprensione delle problematiche umane richiede. E’ necessario attivare domande di significato, problematizzazione della realtà, ipotesi risolutive, argomentazione sulle diverse possibilità (7). Come scrive Ernesto De Martino, la ricerca deve far emergere sempre l’elementarmente umano, i tratti di cultura e civiltà che ci accomunano.
Il percorso storico e geostorico-antropologico che delineiamo non si esaurisce con il primo ciclo di istruzione ma deve trovare nella scuola secondaria il suo completamento e approfondimento nel quadro di un curricolo unitario verticale e dell’apporto della storiografia. E’ quindi un percorso ricorsivo, ma anche reticolare, che procede per successive riprese e approfondimenti, che amplia nel tempo il campo di indagine, promuove l’interiorizzazione dello statuto epistemologico della disciplina, delle sue prossimità e differenze con le discipline affini. E’ un percorso che inizia a 3 anni e prosegue lungo tutto l’arco della formazione e che richiede un impianto curricolare unitario e verticale per competenze. Che deve introdurre ognuno alle nuove discipline-incrocio: l’urbanistica, la geostoria, la demografia, la genetica, le neuroscienze, la paleoantropologia, non separando arbitrariamente scienze sociali, storiche, umane dalle scienze ambientali, naturali e fisiche.
QUALE MEDIAZIONE DIDATTICA
La metodologia per tale percorso non può che essere socio-costruttiva, laboratoriale e interdisciplinare.
Una metodologia, anzitutto, di ricerca e di interpretazione di dati, di loro correlazione, di costruzione di mappe mentali di riferimento che consenta di comprendere concetti e forme delle attività umane quali lo spazio umanizzato, il lavoro e le sue trasformazioni, il mercato, i trasporti, il denaro e le merci, le colonizzazioni, i rapporti fra sud e nord del mondo (8), il tema dei confini, il razzismo, il patriarcato,… Attingendo, a livello epistemologico, a una pluralità di strumenti mediatori e organizzatori che supportino i contenuti della disciplina, dall’analisi testuale alla statistica, dalla sociologia alla demografia, dalla storia dell’arte alla narratologia.
QUALE FORMAZIONE PROFESSIONALE
L’indispensabile formazione degli insegnanti, accanto alle conoscenze disciplinari e al sapere storico, consiste non solamente nelle necessarie competenze euristiche, del ‘come si fa ricerca’, e in quelle epistemologiche (la ‘falsificazione’ e/o l’autenticazione delle fonti (9)) ma altresì nella pratica di laboratorio per mettere gli adulti ‘in situazione’, in modo da sperimentare in prima persona ciò su cui lavorare successivamente con i ragazzi.
Ad esempio chiedendo ai partecipanti a corsi di formazione di ripensare alle proprie esperienze di vita con particolare riferimento agli spostamenti e ai cambiamenti avvenuti nel corso di tre generazioni (permanenze e cambiamenti) passando da una narrazione autobiografica alla messa in luce delle interazioni e degli intrecci con eventi della macrostoria dei periodi in esame.
E’ necessario acquisire consapevolezza del tempo necessario alla sedimentazione delle acquisizioni, fare esercizio di riflessività docente, acquisire le fondamentali operazioni di documentazione delle esperienze.
Progettare collegialmente ricercando le analogie e le diversità disciplinari e i reciproci debiti e intrecci (10).
QUALI POSSIBILI CONSEGUENZE
C’è bisogno, scrive E. Morin (11), di sviluppare identità personale, di genere, di specie, ma anche planetaria sul presente e sul futuro della terra. Segnali nella direzione di una storia urgente non mancano.
Le istituzioni della società civile, le associazioni professionali degli storici (Clio92, la Società delle storiche, IRIS (12), gli appelli di singole personalità (cfr. il manifesto Camilleri Segre Giardina (13)), storici e ricercatori possono costituire una rete di contrasto alla perdita di memoria, all’ignoranza diffusa e alle percezioni distorte. I giochi e le strategie didattiche proposte da Antonio Brusa (HISTORIA LUDENS, i laboratori MCE sugli alberi genealogici e su infanzia e storia, la storia di genere, sono ottime proposte per sollecitare curiosità, motivazione alla ricerca, competenze.
Ma possono essere sufficienti?
La storia può essere un antidoto alla diffusione di fake news virali? (14)
Stefano Massini in ‘Una storia senza la Storia’ immagina un futuro in cui la Storia insegnata viene sostituita da una disciplina chiamata ‘La Versione dei Fatti’.
E’ questo il futuro che ci attende?
Note
(1) B. Tobagi ., ‘La scuola salvata dai bambini’, Rizzoli, Milano, 2016
(2) G. Cederna, ‘Non diamo i numeri’, intervento convegno AMDZ-MCE-PROTEO Mareno di piave (Tv), 30 marzo 2019
(3) F. Lorenzoni ‘I bambini ci guardano’, Sellerio, Palermo, 2019, p. 74
(4) E. Minkowski , ‘Il tempo vissuto: fenomenologia e psicopatologia’, Einaudi, Torino, 1968
(5) F. Lorenzoni, op. cit., ‘…il confronto con un accadimento straordinario come l’invenzione della parola entra in risonanza con le prime parole dette nell’infanzia…’ p. 64
(6) H.G. Wells, ‘La macchina del tempo’, Einaudi, Torino, 2017
(7) ‘Due persone che riportano un episodio del passato lo fanno sempre con qualche differenza; a volte con notevoli differenze sugli aspetti accessori o su quelli che li hanno più coinvolti dal punto di vista emotivo.’ (G. Carofiglio, ‘La versione di Fenoglio’, Einaudi, Torino, 2019, p. 77) ‘Osservare lentamente non significa solo osservare in senso fisico, usando il senso della vista. Significa mettere in discussione le proprie convinzioni, non rimanere vincolati alla prima ipotesi, o magari a uno schema che in passato ha funzionato e che stavolta potrebbe non andare bene. per abitudine tendiamo a replicare strategie che hanno prodotto risultati, e questo in sé non è un male. Il problema sorge quando queste strategie non funzionano più e noi insistiamo a ripeterle solo perché non riusciamo a immaginarne altre.’ (p. 55 )
Potremmo accostare al metodo indiziario le indagini poliziesche il lavoro di ricostruzione dello storico e degli apprendisti storici?
(8) ‘Credo sia impossibile sapere ciò che è accaduto e accade in tutto il mondo. Ma almeno, riguardo a ciò che accade in un luogo dei tanti sud del mondo, perché non potremmo provare ad essere sensibili? Penso che il gemellaggio nord-sud sia uno dei saperi chiave del XXI secolo. Penso che ogni scuola civile del nord del mondo dovrebbe intessere un dialogo diretto, approfondito, continuo con una scuola o un luogo educativo del sud del mondo. Rispetto alla soluzione di problemi colossali è pochissimo, è solo una goccia, ma è l’unico strumento che ci permette di costruire un collegamento e stabilire una relazione con dei ragazzini che sanno davvero cos’è la guerra e la fame. Esperienza che manca totalmente nel nostro mondo.’ F. Lorenzoni, in ‘Educare è difficile’, Atti convegno MCE-Legambiente, 2003
(9) K.R. Popper, ‘Logica della scoperta scientifica’, Einaudi, Torino, 1970; D. Antiseri, ‘Epistemologia contemporanea e didattica della storia’, Armando, Roma, 1974
(10) R. Semeraro, ‘Discipline come prospettive di analisi e decodificazione della realtà’, in ‘La sfida dell’apprendere, Redazione dei quaderni di Cooperazione Educativa, ed. Junior, Bergamo, 2006
(11) E. Morin, ‘7 lezioni sul pensiero globale’, Raffaello Cortina, Milano, 2016
(12) IRIS Insegnamento e ricerca disciplinare di storia, ‘Documento sull’abolizione della traccia scritta nella prima prova dell’esame di stato’, marzo 2019
(13) La Repubblica, 28 aprile 2019
(14) A. Baricco, ‘The game’, Einaudi, Torino, 2018: ‘Se vai per il mondo con l’andatura lampo della post-esperienza, ci metterai poco a capire che, per te, la verità è una sequenza di fotogrammi in cui qualsiasi fotogramma, preso di per sé, non è né vero né falso.’ p. 271. Baricco cita l’esempio del libraio di Lorient che aveva affisso in vetrina l’annuncio ‘No “Merci pour ce moment”’ che l’ex amante di F. Hollande aveva scritto per vendicarsi e la cui uscita era molto attesa. La notizia dell’annuncio del gestore fece il giro del mondo in rete e molte manifestazioni di solidarietà arrivarono al libraio, finché questi rivelò che l’avviso era rivolto a quanti continuavano a entrare in libreria chiedendo il libro intralciando il suo lavoro. Mentre non avrebbe avuto problemi a venderlo una volta pervenuto.
‘Nell’epoca della post- verità ci siamo convinti che il Game abbia originato un mondo in cui la verità dei fatti non sia così decisiva per formarsi delle opinioni o prendere delle decisioni: apparentemente, siamo andati oltre, abbiamo oltrepassato i fatti, ci muoviamo sulla base di improvvisate convinzioni fondate sul nulla, se non su notizie palesemente false’ (p. 275)
Sullo stesso tema segnaliamo l’articolo di Franco Lorenzoni apparso su Repubblica del 4 giugno
“Cari insegnanti facciamo amare la storia a scuola”