Bruno Galante è stato un compagno del gruppo napoletano MCE negli anni ’70-’80, ed un riferimento molto attivo, soprattutto nell’inserimento dei “diversamente abili”.
Dopo un primo periodo nelle Libere Attività Complementari è stato insegnante di sostegno nella scuola media, e impegnato nella formazione laboratoriale con i docenti. È stato anche all’IRRSAE e ha fatto parte per alcuni anni della redazione di Cooperazione Educativa.
Ecco alcuni ricordi.
Gennaio 2024
Ho conosciuto Bruno più di venti anni fa. Eravamo insieme in un albergone polveroso ed anonimo del litorale domizio per una formazione organizzata dall’allora IRRE Campania. La situazione generale era al limite del surreale: il corso di formazione si andava rivelando come una esperienza che mai avremmo dimenticato nei giorni a venire per la improbabilità della proposta e in più il luogo, poco accogliente, situato in piena piazza di spaccio e di prostituzione era anche pericoloso. Fu proprio la situazione paradossale a creare un clima goliardico che fu da collante. La sera, per sopravvivere al disagio evidente, con un gruppo di colleghi amici si decise di organizzare un cabaret in estemporanea.
Bruno si fece coinvolgere prestandosi ad impersonificare Zeus paludato in un copriletto di velluto scadente sottratto ad uno dei nostri letti… ed ogni sera un nuovo sketch. Sto ancora ridendo.Il corso di Formazione per formatori servì a scatenare la creatività di ognuno e a promuovere nuove amicizie. Così fu l’incontro fatale.
Oggi, che lui non c’è più, voglio ricordare la sua signorilità, disponibilità, gentilezza, sensibilità ma, soprattutto, la sua gioiosa creatività. Allora non sapevo che facesse parte del MCE, al quale avrei aderito, poi, dopo qualche anno, anch’io.
Daniela Politi
L’immagine che mi viene subito in mente quando penso a Bruno Galante risale al 1978 quando in una riunione del gruppo MCE scuola media, al palazzo Marigliano di Napoli, si raccontavano le proprie esperienze e lui parlò del suo rapporto con l’OPUS DEI; mi stupì moltissimo e lo trovai molto coraggioso pensando al setting nel quale ci trovavamo, ben caratterizzato verso la sinistra anche estrema. Questo modo di agire lo ha caratterizzato sempre, anche nel suo agire a scuola e in altre situazioni, abbiamo collaborato e ci siamo trovati coinvolti in tante situazioni nelle quali ognuno ha sempre mantenuto strenuamente il proprio punto di vista, anche sapendo che i contesti personali non corrispondevano ma
il rispetto e l’affetto reciproco sono stati sempre eccellenti. Per quel che ricordo, rimangono sue tracce in alcuni numeri di Cooperazione Educativa dove è spesso intervenuto sulla tematica dell’ Inclusione. La notizia della sua morte è arrivata improvvisa perché da parecchio tempo non avevamo scambi …. Rimane il dispiacere di una mancato scambio di rapporti che in tante situazioni sono sempre stati ricchi e interessanti da qualsiasi punto di vista.
Marta Fontana
Intanto mi fa pensare il modo attraverso il quale mi è giunta la notizia della sua morte. Non ci vedevamo né sentivamo da un pò di anni ma c’era un legame che si era creato e mantenuto, quello dei social che uniscono parenti, amici reali frequentanti e no e amici virtuali del tutto sconosciuti. Ieri sarebbe stato il compleanno di Bruno e il solerte social me lo ha ricordato. La risposta mi è giunta molto presto da parte della figlia Anna con la notizia. E allora i ricordi del vissuto e condiviso emergono e ti riportano indietro nel tempo. Cinquanta, quaranta, trenta anni prima con le coinvolgenti riunioni MCE in sede, i fine settimana con gli stage di gruppo ai quartieri spagnoli, la condivisione a Roma del lavoro nella redazione di Cooperazione Educativa. Rappresentavamo un gruppo MCE napoletano pieno di vitalità ed iniziative a
livello locale che, però, non sempre riusciva a trovare un giusto spazio a livello nazionale. E questa difficoltà ci spingeva tutti e due, ognuno a suo modo, a fare in modo che le problematiche di un sud spesso sconosciuto emergessero e trovassero una dimensione coerente con la complessità che caratterizza sempre il mondo a tutte le latitudini e longitudini.
È stato già detto, forse, ma la sensibilità di Bruno accompagnata alla gentilezza dei modi e coerenza di pensieri e azioni hanno costituito in quegli anni un valore prezioso per me e, ne sono certo, anche per i tanti che lo hanno incontrato.
Leonardo Leonetti Ricordiamo con affetto Bruno Galante; con lui abbiamo condiviso un significativo percorso di ricerca, negli anni in cui il MCE napoletano era molto attivo sul territorio cittadino. Bruno si è sempre occupato della disabilità, dell’inclusione con grande sensibilità, personale dedizione e cura. Abbiamo lavorato insieme in quegli anni con grande vicinanza, sui temi che riguardavano la scuola, condividendo l’entusiasmo per l’ epoca di trasformazione che vivevamo. Lo ricordiamo con
dolcezza e stima.
Olga Mautone e Gabriella Giardina
Bruno è stato un punto di forza del MCE napoletano negli anni ’70-’80, poi non ci siamo più frequentati. Ricordo, in particolare, l’intenso e difficile periodo del dopoterremoto in Irpinia del 1980. In quel periodo lavorammo molto insieme, io ero co-coordinatore del gruppo e con Bruno affrontammo in modo deciso la difficile situazione perché il gruppo territoriale del MCE si impegnò per la liberazione delle scuole dai tanti sfollati che le occupavano, sollecitando le autorità competenti ad individuare caserme, edifici non più adibiti al culto, alloggi vuoti, etc… in modo da lasciare le scuole alle “scuole” . In quella circostanza il gruppo si impegnò inoltre a sostenere la necessità di lavorare ancor di più per una scuola aperta, democratica e partecipativa, per utilizzare gli “spazi” esterni e “aprirsi al territorio”, come sostenuto da
Fiorenzo Alfieri e Francesco Tonucci, nel convegno nazionale MCE “nell’emergenza per una scuola nuova” a Napoli nel febbraio 1981.
Il gruppo, anche sotto la decisa spinta di Bruno, si aprì, quindi, in maniera decisa, verso tanti colleghi disorientati e le associazioni democratiche (CIDI, ICSR, ARCI-Legambiente, etc…) con le quali fu organizzato un proficuo coordinamento provinciale.
Iniziò allora un periodo molto importante per il MCE e per la scuola napoletana: alcune televisioni private ci diedero spazio, diversi enti come musei, biblioteche, orto botanico, cinema e teatri, etc… si dichiararono disponibili ad “ospitare” scolaresche per varie attività e, con il deciso impegno anche di Bruno, riuscimmo soprattutto, a relazionarci con alcuni dirigenti “illuminati” del Provveditorato agli Studi di Napoli, che intuirono l’importanza della proposta MCE, attuata poi anche con la collaborazioni delle associazioni.
In queste occasioni, Bruno, con la sua determinazione, sensibilità, gentilezza e coerenza, fu quindi un motore indispensabile, riuscendo a coinvolgere anche alcuni/e compagni/e un pò meno convinti e forse anche meno aperti.
Lanfranco Genito
Persona di raffinata e profonda cultura ha approcciato sempre il lavoro con l’intento di conseguire risultati utili e funzionali al superamento del disagio giovanile e per l’inclusione in tutte le sue forme.
La sensibilità, che gli derivava anche da esperienze familiari, è stata sempre il viatico del suo essere conduttore di gruppo, quale esperto di pedagogia e di musicoterapia. E l’educare a stare insieme agli altri e a condividere quanto appreso nei gruppi di lavoro come risorsa personale, sono stati i fondamentali e prioritari obiettivi del suo essere educatore e formatore delle nuove generazioni.
Pina Florio, già Dirigente Scolastica della scuola Miraglia-Sogliano di Napoli
Bruno è stato molto attivo nell’inclusione. Con lui ho lavorato un anno intero per preparare il laboratorio sull’inclusione alla RIDEF di Lovanio nel 1984 insieme a Valter Martini, Maria Rosa Petri, Natale Scolaro (e Giancarlo Onger, poi fondatore dell’associazione degli insegnanti di sostegno CNIS) con i quali facemmo giochi di ruolo, fotografie con macchina fotografica istantanea Polaroid e diari di bordo, ma con grande delusione poi, perché al laboratorio alla RIDEF non parteciparono gli altri movimenti ai quali volevamo rivolgere il messaggio.
Inoltre nel 1985 il gruppo di Firenze organizzò un convegno molto importante sull’inclusione a 10 anni dalla relazione della commissione Falcucci, nel quale cui relazionammo io, Bruno, Cinzia Mion e Maria Rosa Petri.
Ricordo anche un suo interessante inserto su Cooperazione Educativa, dedicato alla monografia di un ragazzo che lui seguiva. Bruno è stato un vero signore, con la sua serietà e professionalità.
Giancarlo Cavinato
Ho conosciuto Bruno circa 40 anni fa, nel convegno sull’inclusione a Firenze. si occupava come me di inserimento come si diceva allora. Mi dispiace molto, era un compagno molto in gamba, bravissimo; ho lavorato bene con lui.
Salvatore Maugeri Bruno ed io ci siamo conosciuti nel 1970; avevamo avuto un incarico di animatore delle libere attività complementari alla scuola media. Da animatori non godevamo di eccessiva simpatia (eufemismo al posto di stima) nel Collegio dei Docenti della scuola che attuava il tempo pieno al quinto piano di un palazzone in una centralissima piazza del centro di Napoli.
Noi delle LAC (alcuni leggevano nell’acronimo un che di dispregiativo), avevamo innanzitutto il torto di essere giovani e fantasiosi; poi, avevamo entusiasmo da vendere, fantasia didattica e buone letture alle spalle. Specie Bruno Galante, che, sin da quei tempi, citava nelle sue argomentazioni tesi di un certo Piaget o Vygotskij o Andrea Canevaro, che stava per pubblicare I bambini che si perdono nel bosco. Anche molti alunni di quella scuola non sapevano più tornare a casa, perché si erano persi nel bosco di una scuola sbagliata, classista, pedagogicamente selettiva. La professoressa Z… lo diceva sempre che bisognava bocciare a più non posso; i ripetenti avrebbero garantito l’eliminazione di un peso morto in
classe, insieme alla certezza di poter mantenere lo stesso numero di classi nell’anno scolastico successivo. A volte, tra una risata ed un’incazzatura, Bruno diceva che don Lorenzo Milani, nello scrivere Lettere a una professoressa, aveva avuto presente proprio quella scuola media di Napoli! Non furono solo anni di innovazioni pedagogiche e didattiche; ci trovammo, infatti, nella prima fase (quella bella di dibattiti accesi, partecipazione, compilazione di liste) dell’attuazione dei Decreti Delegati. Quante speranze: la democrazia entra nella scuola; c’è confronto, c’è dialogo … macché!
Poi dopo dieci anni fummo assegnatari di cattedre in altre scuole, ma non ci siamo mai persi di vista.
Anni dopo abbiamo fatto un altro pezzo di strada insieme all’IRRSAE della Campania. E così, –dopo che da giovani ci siamo frequentati anche fuori dagli spazi e dagli orari di scuola- da ultimo ci incontravamo al teatro Mercadante. Le ultime volte che l’ho incontrato, Bruno si appoggiava ad una bastone.
È normale che quella telefonata di Capodanno abbia provocato in me, dolore e nostalgia; un abbraccio, Bruno.
Ciro Raia ANPI Napoli
Caro Bruno, è stato difficile e nello stesso tempo entusiasmante il pezzo di strada che insieme abbiamo percorso.
• Difficile perché il passaggio dalle classi differenziali, nel 1977, all’inserimento degli alunni definiti allora handicappati, in classi normali non fu di agevole attuazione.
Ricordiamo le riunioni del M.C.E. dove ci chiedevamo quale legislatore potesse aver definito la nuova figura docente insegnante di sostegno. “Un docente specializzato, assegnato alla classe, con il compito di favorire l’inclusione e l’apprendimento”.
Le difficoltà per il docente erano molteplici:
-la scuola, come raffigurata da Francesco Tonucci nella vignetta, era poco incline ad accettare il diverso;
-non vi. era una letteratura pedagogica a cui rifarsi, gli unici libri che cominciammo a reperire erano di psicomotricità, pochi per formare i docenti.
• Entusiasmante perché scoprimmo che avevamo bisogno di confrontarci con altre professionalità.
Il gruppo del M.C.E. di Napoli decise di organizzare incontri di confronto e ricerca con associazione di genitori, educatori, assistenti sociali, operatori dei consultori e, non ultimo, con Psichiatria Democratica.
E’ stata un’esperienza che ci aiutò a capire come la scuola dovesse aprirsi al territorio collaborando con le famiglie, operatori, specialisti, associazioni, tessendo, quindi, una rete intorno ad ogni bambino diversamente abile. Capimmo che un’ approccio unitario, territoriale e collegato in maniera permanente è fondamentale quando si devono dare risposte ai bisogni delle persone in difficoltà, altrimenti c’è il rischio che le professionalità si specializzino sempre più in modo frammentario, perdendo di vista dell’individuo in quanto persona.
Bruno, ovunque tu sia, siamo sicuri che tu continui a credere alla necessità di un confronto con altri e … che stia organizzando una riunione che preveda come operare da lassù perché quaggiù le persone, i popoli cooperino e non si facciano la guerra, un saluto.
Giovanni Montanera e Pina Daniele
Caro Bruno, come altre e altri, ti ricorderò per i molti anni di incontri al M.C.E. , nello studio condiviso dei testi di Andrea Canevaro, per i viaggi all’Assemblea Nazionale, per le tue attività instancabili di formatore. Ma queste sono esperienze condivise… Io ti ricordo come un amico gentile, con cui parlavo al telefono di sera, a partire dai consigli di lettura per le tue figlie ancora piccole e poi per i nipoti, chiacchiere che poi dilagavano in racconti delle nostre quotidianità, sfoghi di fatiche e messaggi di sostegno. E grazie ancora per aver fatto scoprire, a me, golosa ignorante, la bontà delle nougatine!
Annamaria Lovo
Ciao, amico di tanti momenti di teatro e di vita trascorsi insieme.
Pasquale Amato