Movimento di Cooperazione Educativa (MCE)
L’educazione all’affettività e il contrasto alla violenza di genere sono strettamente legati a uno dei compiti che sono affidati alle scuole: formare bambini/e, ragazzi/ragazze, educarli a diventare uomini e donne consapevoli e responsabili nell’esercitare cittadinanza attiva. Quindi la domanda su cosa significhi nascere maschi e femmine e diventare uomini e donne dentro una prospettiva di educazione all’affettività e alla parità di genere, riguarda non solo la famiglia, ma direttamente anche i servizi educativi e la scuola.
In questa fase storica, la capacità di tutto il mondo adulto nel rispondere a questa domanda determinerà la possibilità di superare le derive culturali e relazionali che sono alla base dei drammatici episodi di violenza di genere e di costruire un futuro di eguaglianza, rispetto e inclusione per tutte e tutti.
In sintesi le Pari Opportunità costituiscono una vera “rivoluzione culturale” che cerca di far emergere una nuova progettualità di vita connotata dalla co-responsabilità tra i generi attraverso il superamento degli stereotipi e la ricerca di identità di genere “riconciliate” (Elisabeth Badinter).[1]
Il tema è molto complesso e riteniamo che vada evitato il rischio di soluzioni parziali, semplicistiche che, dettate dall’emergenza, risulteranno incapaci di produrre nel tempo, sulla media e lunga distanza, quel cambiamento profondo necessario a contrastare la diffusa cultura di prevaricazione, stereotipi e pregiudizi e far crescere nelle giovani generazioni una cultura che invece valorizzi l’alterità e il rispetto.
Nella proposta di legge ASCARI ed altri: “Delega al Governo per l’introduzione dell’insegnamento dell’educazione affettiva e sessuale nel primo e nel secondo ciclo di istruzione nonché nei corsi di studio universitari“[2], ci sono sicuri elementi di condivisione: il focus sul rispetto di sé e dell’altro, la capacità di sentire le proprie emozioni e di gestirle… Elementi che richiedono la realizzazione di un presupposto di fondo: il rispetto dei diritti, di cui si parla nella proposta MANZI ed altri: “Introduzione dell’educazione all’affettività e al rispetto delle differenze nelle attività didattiche delle scuole del sistema nazionale di istruzione“[3].
L’educazione affettiva e alle differenze di genere ha sicuramente una sua specificità (figura), ma questa specificità non può realizzarsi, essere valorizzata se non dentro un contesto e una prassi educativa (sfondo) rispettosi di tutte le differenze: culturali, linguistiche, religiose…
Se si vuole che il ragazzo e la ragazza imparino a riconoscere e gestire le proprie emozioni e a rispettare l’altro è necessario che possano vivere essi stessi esperienze di riconoscimento, rispetto, cura e che si sentano a scuola “in sicurezza” sul piano emotivo, affettivo, relazionale e nel rapporto con il mondo degli adulti.
Per questo riteniamo che un’educazione all’affettività e al rispetto possa pienamente realizzarsi se a scuola si realizza una pedagogia emancipatrice, capace di leggere e rispondere ai bisogni formativi di ogni soggetto, di porsi all’ascolto e in dialogo con ogni differenza, di usare la valutazione come strumento di autoregolazione del processo di insegnamento e apprendimento per rimuovere gli ostacoli e promuovere la crescita di ognuno.
Più che interventi specifici l’educazione all’affettività va allora realizzata in modo trasversale ed integrata al fare scuola quotidiano in tutti i suoi aspetti: gli apprendimenti, i saperi e i linguaggi delle discipline, la vita di relazione e l’organizzazione degli spazi di partecipazione, di decisione, di responsabilità. Per questo è un’educazione che richiede necessariamente pratiche didattiche ispirate a una visione socio-costruttiva e cooperativa dell’apprendimento, centrate sullo sviluppo di autonomia, spirito critico, capacità di risoluzione del conflitto (inevitabile) attraverso la pratica del dialogo, della comprensione contro la sopraffazione, del rispetto dell’altro come soggetto contro l’abbassamento dell’altro a oggetto (cfr N. Bobbio).
Non si ritiene pertanto utile trasformare l’educazione all’affettività in un’ulteriore disciplina, né tanto meno prevedere due ore di discussione nel post scolastico, tra l’altro in una fase delle crescita, l’adolescenza, in cui gli elementi culturali e relazionali problematici si sono già introdotti, e da tempo, nella vita del soggetto.
Per educare all’affettività e al rispetto delle differenze di genere occorre partire dalle prime esperienze di vita sociale che i bambini e le bambine fanno al di fuori dal contesto familiare garantendo, sin dai nidi dell’infanzia, l’instaurarsi di condizioni pedagogiche per un’attenzione qualificata ai bisogni fondamentali di crescita dei minori e al loro sviluppo sul piano corporeo, cognitivo, relazionale, emozionale, soprattutto nella direzione di un contro-bilanciamento dei luoghi comuni regressivi presenti nella cultura: dagli stereotipi e pregiudizi, agli stili di vita individualistici, autoritari e prevaricanti.
Va riconosciuto che la dimensione fondamentale per un’educazione alle differenze di genere e quindi alle pari opportunità è il rispetto dei diritti e delle libertà fondamentali. Portare questo nella scuola significa lavorare affinché vengano garantiti agli studenti:
- il diritto a essere informati, coinvolti nelle scelte, a partecipare, co-progettare;
- il diritto pieno di accesso agli spazi di apprendimento ma anche a quelli di socialità in una visione di scuola come laboratorio sociale;
- il diritto a curricoli qualificati con esperienze e progettualità significative in cui si possa essere soggetti protagonisti di scelte, decisioni, responsabilità (istituzione in tutte le scuole dei consigli dei ragazzi, delle consulte studentesche, e diffusione degli strumenti e delle pratiche di democrazia in classe).
Diritti per la cui garanzia c’è bisogno di:
- più scuola: un tempo pieno garantito sin dai primissimi anni di vita, dentro un progetto pedagogico che dia ad ognuno nei diversi tempi della crescita la possibilità di sviluppare il proprio senso di efficacia personale, di esprimere e vivere pienamente emozioni, corpo, relazionalità. Un tempo pieno per una progettualità pedagogica centrata su una didattica laboratoriale, dove nel fare insieme, nell’imparare agendo c’è l’incontro con l’altro, che è sempre l’incontro con una differenza che richiede la ricerca di mediazioni, negoziazioni. Un tempo pieno per dare valore all’interdisciplinarità, alla ricerca, all’apertura al territorio, per un progetto pedagogico ampio, che sottragga i minori dal tempo vuoto, occupato dalle sole tecnologie emergenti; ma per tanti e tante dalla violenza dei contesti familiari e dei territori che abitano.
- più formazione degli insegnanti per lo sviluppo diuna professionalità capace di conoscere profondamente la cultura, l’ambiente, la personalità e i bisogni di ogni alunno, intrattenendo con esso un dialogo pedagogico fondato sulla fiducia, il rispetto e la responsabilità repubblicana di promuoverne l’apprendimento.
Non trascurabile è poi la necessità di risolvere il problema della qualità dell’editoria scolastica ancora piena di stereotipi sessisti sul genere dei protagonisti, sullo spazio agito dalle donne e dagli uomini, sui ruoli. Nonostante il Trattato di Istanbul, approvato in Italia nel 2013, in cui gli Stati si impegnano nell’eliminare pregiudizi, tradizioni, costumi e qualsiasi pratica basata sull’inferiorità delle donne o su modelli stereotipati dei ruoli delle donne e degli uomini”,nei libri di testo, così come nei media, permangono diffuse idee stereotipate del femminile e del maschile che veicolano un immaginario culturale che spesso condiziona gli stessi alunni/alunne nell’assumere comportamenti (aggressività, competizione, prevaricazione) estranei alle proprie inclinazioni.
In conclusione, riteniamo che l’educazione all’affettività e al rispetto debba essere parte integrante del curricolo e che le scuole e gli insegnanti vadano messi in condizioni di attuare quanto è previsto nelle Indicazioni nazionali.
Riteniamo, altresì, che anche alla scuola vada riconosciuto più rispetto: essa non può essere investita da tutte le emergenze del Paese con interventi spesso frammentari (se non contraddittori) che, senza una visione coerente sulla funzione e i compiti della scuola, lasciano insegnanti, dirigenti, alunni e genitori “ostaggio” di interventi/riforme che restano il più delle volte incompiuti.
[1] C. Mion, intervento Convegno Gruppo Nazionale Nidi Infanzia, Pesaro settembre 2022
[2] https://www.senato.it/leg/18/BGT/Schede/Ddliter/54044.htm
[3] https://www.senato.it/leg/19/BGT/Schede/Ddliter/56891.htm