Si è in attesa dell’emanazione del decreto che definisce il contingente dei dirigenti scolastici e dei direttori dei servizi amministrativi in applicazione a quanto stabilito nell’ultima legge di bilancio che ha previsto il dimensionamento degli istituti scolastici nei prossimi tre anni in risposta al calo demografico.
Decisione assunta con un atto unilaterale, senza nessun dialogo con le parti sociali, con le Regioni, con il mondo della scuola e che conferma la politica autoritaria e regressiva di questo governo.
Si prospetta, quindi, la riduzione di circa 700 istituti scolastici su tutto il territorio nazionale, con un taglio delle autonomie scolastiche e con accorpamenti più consistenti proprio nelle Regioni, come risulta dai dati del Rapporto INVALSI di luglio 2023, che registrano (niente di diverso dal passato) le più alte percentuali di insuccesso formativo, di dispersione e abbandono.
Stante alle previsioni la scuola in Campania nel prossimo triennio dovrà rinunciare a 16 istituti scolastici; la Sicilia a 14, la Sardegna a 19, la Calabria a 23, la Basilicata a 28.
Questa è la centralità che governo e Ministero dell’Istruzione e del Merito riconoscono alla funzione del sistema di istruzione? Queste sono le misure per intervenire sui divari territoriali e sulle povertà educative? Queste sono le risposte che la politica riesce a dare alle valutazioni di sistema?
Il criterio che si intende applicare di 900/1000 studenti al fine del riconoscimento dell’autonomia scolastica non tiene conto dei territori più sfavoriti, dei segmenti di scuola dove s’innestano le condizioni per il sorgere dell’insuccesso formativo e della dispersione, del ruolo dei DS, che non può essere ulteriormente schiacciato su aspetti amministrativo-gestionali, cosa che avverrebbe dovendo gestire ancora più plessi del suo istituto sparsi in aree territoriali distanti.
Senza considerare che il cambiamento possibile della scuola, le stesse riforme previste dal PNRR, richiedono un forte investimento sull’unitarietà e progettualità del collegio dei docenti, sui processi che è in grado di attivare, in termini di ricerca-formazione per l’innovazione didattica, la sperimentazione, il dialogo con il territorio che non potrà essere garantito stabilendo come unico criterio per il riconoscimento dell’autonomia il numero di iscritti da raggiungere accorpando plessi e scuole.
Certo, il ministro nella relazione che accompagna la tabella 7 di previsione di spesa nella legge di bilancio, ci rassicura: i risparmi realizzati con la riduzione dei DS e dei DSGA, ritorneranno nella scuola per il fondo di dirigenza, per pagare le supplenze, per il fondo d’istituto e della buona scuola… come se l’organizzazione del sistema scolastico prevista dal PNRR si esaurisse attraverso lo spostamento dei capitoli di spesa, senza una direzione, una visione, un progetto, soprattutto quando il calo demografico potrebbe diventare un’occasione per la riqualificazione della scuola.
La riorganizzazione del sistema scolastico fatta così penalizzerà i territori più poveri anche in relazione alla capacità e visione pedagogica delle amministrazioni locali che dovranno occuparsi del dimensionamento in assenza di criteri comuni a livello nazionale se non il riferimento a quelli meramente quantitativi.
Prevale, nonostante la retorica del governo e del Ministro Valditara, la stessa logica di risparmio della spesa in istruzione che negli ultimi decenni ha determinato e continua a produrre la crisi del sistema e l’insanabile emergenza educativa, ma anche politica, del Paese.
È tempo che la scuola si riprenda la parola con forza!
Il Movimento di Cooperazione Educativa si mobiliterà nei territori, con le altre associazioni professionali, con le formazioni sociali per una risposta ferma e decisa nel contrastare questo ulteriore attacco al sistema scolastico, per affermare il principio che la spesa pubblica in istruzione è una spesa di investimento per il diritto all’apprendimento per tutte e tutti, per costruire cittadinanza, partecipazione, equità. Elementi fondamentali per chi intende la scuola “come organo vitale della democrazia”.
Ma questo, probabilmente, non è nelle corde di questo governo!